14/2009 – Feisbuc

Incontrare amici, organizzare iniziative anche politiche su Internet nell’illusione o nella speranza di alimentare e arricchire la propria «vita interiore». Il successo mondiale di Facebook è l’emblema delle potenzialità e dei limiti del «social networking».
L’autore dell’incertan regard si domanda, un giorno sì e l’altro pure, se sia il caso di proseguire questa esperienza. Nell’arrovellarsi si è imbattuto in illuminante scritto di Cinzia Arruzza e Felice Mometti dal titolo “Una repubblica fondata sul web” pubblicato su il Manifesto del 3 aprile, di cui si riporta questo edificante estratto.
[…] Il discorso che generalmente si accompagna ai social network tende a metterne in luce l’utilità dal punto di vista della facilitazione della comunicazione sociale e l’orizzontalità dello scambio di informazioni. Come in altri casi, anche «Facebook» tende a mostrarsi ammantato dell’aura della democrazia digitale: chiunque, nel rispetto delle condizioni di utilizzo, può creare un gruppo o una causa, chiunque può partecipare, esprimere un commento, pubblicare una nota, inviare informazioni alla rete di amici. «Facebook» può dunque essere utile per far circolare appelli, organizzare eventi, manifestazioni, propagandare contenuti. Non a caso uno degli esempi preferiti dei sostenitori liberal di «Facebook» è il ruolo che il social network ha svolto in occasione della campagna presidenziale di Barack Obama, tanto che ci si è persino spinti a dire che la vittoria dell’attuale presidente degli Stati Uniti difficilmente avrebbe potuto aver luogo senza il contributo fondamentale di «Facebook». Argomentazioni inoppugnabili, almeno finché non si prova a mettere in questione il tipo di comunicazione orizzontale che si ha di fronte. Come altri prodotti della tecnologia comunicativa, anche «Facebook» è tutt’altro che neutro; è anzi dotato di una connotazione ben precisa che ha a che vedere con lo specifico modo di produzione capitalistico, e in particolare con il processo di circolazione delle merci e con il feticismo che l’accompagna. La presunta comunicazione orizzontale è in realtà fortemente determinata da un complesso di regole rigide che hanno come risultato l’uniformazione e l’omogeneizzazione dello scambio comunicativo: qualsiasi contenuto (variabile dalla battuta su una foto, alla comunicazione di un appello, a un appuntamento in birreria, a una nota filosofica o una poesia) è appiattito su un medesimo registro e confinato a una zona grigia di impersonalità. «Facebook» è uno strumento di comunicazione che uccide la comunicazione nel momento stesso in cui la produce. È un’immensa catena di montaggio di produzione di parole private di un soggetto. Questa enorme circolazione di parole, di commenti, di note e di immagini non ha spesso altra ragione se non il desiderio di presenza, e dunque di esistenza in rete, indipendentemente dal contenuto della comunicazione, dal suo soggetto e dalla relazione reale tra i soggetti della comunicazione. […]
VISIONS DE LA SEMAINE
Sur grand écran
:-/ Mostri contro alieni di Rob letterman e Conrad Vernon
Sur petit écran
UFC 86 , UFC 87 , UFC 88
Lectures de la semaine
Fantasie virili di Theweleit Klaus
4 Comments:
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
7 aprile 2009 alle ore 22:19
...e se invece fosse semplicemente un gioco? A volte noioso, altre volte sorprendente, spesso divertente? Tutto questo parlare "attorno" a facebook è invece drammaticamente noioso, sterile ed errato perchè si confonde il mezzo con il fine. E perchè anche accettando la sovrapposizione di mezzi e fine tutto nasce prima. Da quando ci si faceva le seghe su internet. Da quando si cuccava su internet. Da quanto molti come me hanno aperto un blog su internet, con risultati del tutto discutibili. Perchè lo abbiamo fatto? Perchè ci andava. E siamo ancora vivi e più o meno sani. Nè meglio nè peggio di prima.
7 aprile 2009 alle ore 22:20
E' un mezzo di comunicazione, non ha anima, non è pericoloso, purtroppo è di moda, non cambia la mia vita...ma ci sono.
10 aprile 2009 alle ore 16:05
Gli autori dell'articolo scrivono molte considerazioni condivisibili, ma non è forse altrettanto vero che anche gran parte dei blog non hanno spesso "altra ragione se non il desiderio di presenza, e dunque di esistenza in rete, indipendentemente dal contenuto della comunicazione, dal suo soggetto e dalla relazione reale tra i soggetti della comunicazione"? Non è vero che molti dei contenuti e dei commenti sembrano scritti così, tanto per smuovere le falangine della mano? (Ed escludo voi tre, non per ruffianeria, ma perché tutti e tre esprimete una passione forte ed autentica in quello che scrivete e in come lo fate).
A quanti sms e telefonate inutili o ridondanti si potrebbero applicare le medesime considerazioni?
Su un punto dissento da Seditionary, come al solito :-) Non sono d'accordo che siamo né meglio né peggio di prima.
La cosiddetta "società della comunicazione" sembra avere moltiplicato le possibilità di conoscere, di conoscersi, di informarsi e di comunicare.
Probabilmente, però, ha solo aumentato i mezzi per esprimere le nostre ansie, le nostre angosce, i nostri sogni e le nostre emozioni.
Sicuramente non ha aumentato le orecchie e i cuori necessari per ascoltare.
E allora tutti giù ad utilizzare sempre più parole e ad urlare sempre più forte nella speranza che qualcuno ci ascolti.
Ma se mancano le orecchie dall'altra parte del filo, è inutile alzare sempre di più il volume.
22 aprile 2009 alle ore 00:58
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