VISIONI OBLIQUE

01 novembre 2009

43/2009 – Morire di carcere


La morte di Stefano Cucchi sgomenta per il peso di omissioni, sciatterie, menzogne che hanno accompagnato un calvario si sette giorni, dal fermo all’autopsia. E’ una vicenda che condensa in se tutti i malanni e le contraddizioni del funzionamento della giustizia, del carcere non trasparente, della legge sulla droga.
Stefano Cucchi non è un caso isolato, purtroppo. Che cosa dicono oggi i nomi di Marco Ciuffreda, di Giuseppe Ales, di Alberto Mercuriali, di Roberto Pregnolato, di Stefano Frapporti, di Aldo Bianzino? Sono persone morte in carcere in circostanze non chiare o suicidatesi per reazione all’arresto legato alla detenzione di pochi grammi di stupefacenti. Sono persone presto dimenticate o su cui neppure si è acceso l’interesse dei media e delle istituzioni.
C’è da augurarsi che questa volta le indagini procedano speditamente per arrivare a conclusioni non desolanti e non deludenti. Si tratta di sapere subito con precisione come sono andate le cose. Questa sarebbe la prima conquista di verità e di giustizia. Basterebbe che uno di quelli che ha visto Stefano Cucchi nei sei giorni del suo martirio rompesse il muro del silenzio gridando
ad alta voce: «Non è caduto dalle scale». La seconda, di non avere riguardi verso gli eventuali colpevoli, qualsiasi divisa essi indossino. Purtroppo le affermazioni del ministro La Russa pare non vadano in questa direzione.

VISIONS DE LA SEMAINE

Sur petit écran
:-) L’homme blessé di Patrice Chéreau