DA OGGI, IN EDICOLA, IL NUOVO MANIFESTO

Berlusconi se ne sta saldo a palazzo Chigi, la sinistra è scomparsa dal Parlamento, un rancoroso vento di destra soffia sull’Italia e per denunciarlo ci vuole l’Onu. Le avventure militari sembrano una patologia accettata, la politica è ridotta a un Porta a porta, tutti i diritti individuali e sociali sono messi in discussione, l’unica cultura possibile sembra quella di un egoismo che esclude. Messa così, uno può anche chiudersi in casa, oppure di dilaniarsi in rese dei conti interne pensando di trovare un «unico» colpevole. Noi non la pensiamo così. Perché siamo abituati ad andare controcorrente, perché siamo una «minoranza» che ha sempre parlato alla «maggioranza », perché la storia non finisce con un voto elettorale. Anzi, se ci guardiamo davvero in giro troviamo altre mille «minoranze» che chiedono relazione, comunicazione e azione. Per questo, da oggi, rilanciamo. Con un giornale che non si chiude in un fortino testimoniale ma che apre e si apre. Apre la ricerca di un’alternativa al presente - quello dell’incipit di quest’articolo -, si apre a tutti coloro che vorranno farla. Senza incupirsi nello specchio deformato della realtà
apparente, con l’indipendente radicalità di sempre. Persino con una certa dose di libera allegria. Denuncia, ricerca, costruzione. Queste sono le tre parole da declinare in giornalismo. Denuncia di ciò che accade senza rassegnarsi all’esistente o almeno peggio, sapendo di muoversi in un panorama in cui un’opposizione politica vera non esiste o non emerge. Ricerca della verità per capire le ragioni di una sconfitta consumata nelle relazioni sociali e individuali prima ancora che nella rappresentanza istituzionale. Costruzione di un’alternativa culturale indispensabile per porre le basi di una nuova sinistra, per una critica al capitalismo globale. Un giornale è solo uno strumento, come ci ha insegnato Luigi Pintor. Racconta fatti e cerca di spiegarli ai suoi lettori. Ma il manifesto è sempre stato anche qualcosa d’altro. È stato un «punto di vista» e un’impresa creativa che propone un orizzonte. Piccoli mezzi per grandi fini. Ci siamo detti «dalla parte del torto» per segnalare una diversità: oggi, nello smarrimento delle ragioni, per non rimanere impigliati in ciò che sembra disastroso, ci schieriamo presuntuosamente «dalla parte della ragione». Che non è ragionevolezza rassegnata. È proprio la ragione.
di Mariuccia Città e Gabriele Polo da “il manifesto” del 6 giugno 2008
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